L'iconografia è una delle fonti più importanti per la ricerca sugli strumenti musicali. Questi oggetti, nella cui costruzione convergono materiali diversi in prevalenza di natura organica, sono facilmente deperibili soprattutto in mancanza d'uso e di manutenzione. Per fare un esempio i violini di Antonio Stradivari costruiti tra a cavallo tra 1600 e il 1700 a noi pervenuti, sono il risultato di una serie di interventi di liutai che hanno trasformato lo strumento originario per le esigenze della musica e dei musicisti. Questo processo ha mantenuto in vita lo strumento, testimone delle epoche che ha attraversato.
Per quanto riguarda gli strumenti musicali persiani, il bacino iconografico di riferimento sono le miniature a corredo dei manoscritti illustrati commissionati per descrivere i vari aspetti della vita alla corte degli shah.
Gli studiosi e gli specialisti dell'arte islamica generalmente tendono a separare l'arte persiana da quella degli altri popoli dell'islam. L'avversione per il culto delle immagini propria della teologia musulmana non era così sentita dai persiani eredi di una propria tradizione iconografica dovuta ai grandi imperi degli Achmenidi, dei Mazdei e dei Sasanidi dei quali era sopravvissuto un vasto patrimonio artistico fatto di sculture gigantesche, rilievi rupestri, affreschi, e oggetti artistici di uso comune: ceramiche, metalli, sui quali erano rappresentate scene di racconti popolari e leggende ; per non parlare dei manoscritti manichei ornati di splendide illustrazioni . La decorazione persiana su maiolica chiamata minaì con campiture di colore nette su un fondo vivacemente colorato, ebbe diretta influenza sulla miniatura.
La realizzazione di questi manoscritti tendeva alla perfezione di ogni singolo componente fin nei minimi dettagli: una calligrafia raffinata, l'attenzione particolare alla scelta della carta che non era pergamena, la perfezione degli inchiostri dai colori indelebili, la scelta delle penne. Un vero e proprio stato maggiore collaborava al risultato finale e ogni specialista era un autentico maestro della materia: il disegnatore di ornamenti, il colorista, il ritagliatore, lo specialista in abbellimenti, il rilegatore, il decoratore su pelle, lo specialista delle colorazioni alla lacca, per citare solo alcune figure.
La miniatura persiana non ebbe un carattere religioso e i temi più cari ai miniaturisti, oltre quelli celebrativi, erano le opere di letteratura e poesia e i trattati a carattere scientifico. Tra tutti il poema lo "Shah-nameh", Il Libro dei Re di Ferdowsi composto nel X sec. E' un'opera colossale che tratta della storia dell'Iran dalla creazione del mondo fino all'ultimo sovrano sasanide Yazergherd (632-651). Questo "racconto" in 50.000 distici è un itinerario spirituale imperniato sulla lotta tra il bene e il male e sulla vittoria finale del bene secondo gli insegnamenti della dottrina di Zoroastro.
La rappresentazione delle scene è impostata su centri visivi multipli non coordinati prospetticamente che narrano aspetti diversi nella stessa scena: l'organizzazione del disegno segue uno spirito narrativo come nella poesia e l'osservatore vaga con lo sguardo nel racconto che è fluido perchè non ancorato ad un centro di proiezione come nella rappresentazione dell'occidente. Gli artisti, i miniaturisti persiani non usavano la struttura prospettica della rappresentazione non perchè non la conoscessero, ma perchè la prospettiva obbliga a stabilire un centro prospettico che coincide con quello del pittore e in sostanza costringe l'occhio in un unico modo di guardare fisso e congelato.
La terza dimensione è aleatoria e tutto viene riportato su un impianto bidimensionale collegandosi in tal modo all''altro grande prodotto artistico persiano che è il tappeto: non oggetto d'arte decorativa ma vera e propria terra di mezzo, superficie sospesa tra la terra e il cielo.
PARTICOLARE DI TAPPETO PERSIANO (ca. 1600) NEL MUSEO PER L'ARTE ISLAMICA DI BERLINO
Le miniature persiane non cercano di rappresentare la realtà, viene raccontata una storia il cui senso sfugge se viene soltanto osservata, deve essere letta come poesia o ascoltata come musica, ambedue governate da leggi rigorose per produrre un linguaggio che parla direttamente all'anima.
Nella scena dipinta da Mirza Ali (XVI sec) per illustrare il poema “ Cosroe e Shirin” del poeta Nezami, viene raffigurato Cosroe, imperatore sasanide, profondamente commosso dalle canzoni accompagnate dal suono del liuto barbat. Il re è commosso perché queste canzoni evocano il suo amore per la principessa armena Shirin che non potrà sposare perché è già sposato con Maryam che giura di uccidere Shirin. La musica di Barbad diviene complice della tragedia: l’assassinio di Cosrow, annunciato nella scena da un bambino, uno dei suoi figli, che su un balcone in alto sta per tirare una freccia. Barbad che suona il liuto barbat è al centro della composizione. Dal saggio “Musica e strumenti musicali nella Corte Persiana del periodo Safavide” di Mahvash Alemi, catalogo della mostra.
Sulla sinistra liuto barbad e daff. Il liuto
barbat in territorio iranico è testimoniato dalle fonti fin dal III sec
d.c. A differenza dell'ud arab, corpo e manico sono ricavati da un unico
blocco di legno probabilmente, viste le dimensioni, costituito da più
blocchi incollati. La tavola armonica è in legno. Il daf è un
tamburo a cornice ed è uno dei rari strumenti considerati leciti dalla
religione sciita.
L’autore di questa miniatura è Mu’in, uno dei più eccellenti discepoli
di Rizà-i Abbasi di Esphahan, forse il migliore miniaturista safavide
durante il regno di Shah Abbas II
detto Il Grande: sovrano illuminato protettore delle arti di cui la
città di Esphahan è la testimonianza più nota della sua grandezza; una
curiosità: Pietro Della Valle nobile romano in viaggio verso l’India,
volle farsi ambasciatore presso lo Shah di una causa comune contro i
Turchi che stava a cuore anche al Papa Paolo V che effettivamente
ricevette a Roma gi ambasciatori di Abbas il Grande, Pietro della Valle
propose allo Shah la riproduzione in Esphahan di alcuni dei Monumenti di
Roma forse impressionato dalla potenza e dalla ricchezza dei cambiamenti
che Abbas II stava facendo in tutto l’Iran.
Nizami vissuto nel XII sec., fu
uno dei più grandi poeti della letteratura persiana. Khamseh è
un’opera composta da cinque epopee tre delle quali trattano un soggetto
amoroso. Una di queste Haft paikar
(Sette immagini)
rappresentano il sovrano Bahram Gur nel Palazzo Turchese della
principessa d’Egitto, nel Palazzo Rosso della principessa di Russia e
nel Palazzo Bianco della principessa di Persia qui rappresentato. Nella
miniatura eseguita da un autore sconosciuto di Shiraz, non è tra le
migliori in quanto ha una stilizzazione eccessiva, non
manca di vivacità espressiva: una delle cose più divertenti è la
presenza dell’alloggio del portiere in cui lo stesso in ogni palazzo, è
in comoda conversazione con il “malcapitato” di turno.
In
basso a destra sono presenti due ancelle che suonano il daff, tamburo a
cornice, e un liuto a manico lungo probabilmente un tanbur.
Nelle cerimonie ufficiali, in questo caso per il ricevimento di ambasciatori, la musica aveva un ruolo non secondario come ci suggerisce la posizione quasi al centro della composizione del gruppo dei musicisti con liuto barbat di grandi dimensioni, tamburo daff e flauto ney, l’ensemble di questo tipo ha una rilevante potenza sonora. Il nobile romano Pietro della Valle che si trovava a Isfahan nel 1619 nel suo “Lettere dalla Persia” racconta con dovizia di particolari la vita a corte e da buon musicista qual’era descrive spesso le occasioni musicali cui assisteva che potevano essere anche parate militari presso la corte di Shah Abbas: “………le compagnie di soldati a piedi, divise sotto varij lor capi havevano tutti stendardi al lor modo……e diversi suoni di tamburi, pifferi, zurna e cembali di metallo che si sbattono insieme…”
L’XI secolo vide il primo grande impulso di quel
movimento mistico unico nel suo genere che è il sufismo. Il sufismo è un
fenomeno enorme e complesso, che dimostra aspetti molto diversi a
seconda del tempo e del luogo, dall’Asia Minore al Nordafrica, al
Pakistan e oltre. L’elemento essenziale del sufismo è la ricerca dello
spirituale per incontrare il divino con il conseguente abbandono dell’io
e di ogni egoismo mondano. Ausilio in questo percorso erano il vino e la
musica che accompagnati ad una certa tendenza all’anarchia mettevano i
sufi in contrasto con le autorità religiose. Vi erano tensioni e
conflitti, e un gran numero di sufi o di pensatori di tendenza mistica,
come al-Hallaj e Sohravardi ad esempio, furono condannati come eretici
dagli ulema e giustiziati.
“Il Bene e il Male che sono al fondo dell’essere dell’Uomo
La Gioia e ‘l Dolore nascosti nel destinato Decreto,
Non attribuirli al Cielo, ché il Cielo, all’occhio dei Saggi,
E’ più di te mille volte disperatamente impotente.”
Questi versi di Omar Khayyam (ca. 1048-ca.1124-29) non solo letterato ma
matematico e astronomo quello che poteva essere un atteggiamento di
scetticismo nei confronti “delle verità rivelate”
Foglio del manoscritto Khamseh ; illustrazione del masnavi didattico Tuhfatu' l-ahrar (Il Dono dei
celibi). Questo particolare illustra la danza dei dervish di cui il poeta Jamì esra membro. Firmato "Haidar Alì, nipote del maestro Bihzad". Sulla destra due tamburi daff e un suonatore di Ney, flauto di canna, che ha un posto particolare tra i sufi per le sue implicazioni simboliche e allegoriche in quanto rappresenta l'essenza stessa dell'uomo. I nove fori rappresentano i nove livelli dell'anima, i nove orifizi del corpo e le sue nove pieghe.